Trentuno anni fa la strage di Capaci. Minervini: ricordare per ridare voce a coloro che hanno sfidato per davvero le mafie
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Il 23 maggio 1992 la mafia uccide il giudice Giovanni Falcone che, a breve, sarebbe diventato procuratore nazionale antimafia. Meno di due mesi dopo, il 19 giugno, perde la vita anche Paolo Borsellino, il magistrato che, con Falcone, aveva fatto parte del pool antimafia e costruito l’impianto del maxiprocesso di Palermo. Con Giovanni Falcone persero la vita la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro.
La mafia prova a mostrare la sua forza. E di lì comincia a perdere. Perché è da quelle macerie che si solleva, ancora più forte, il grido di Giustizia.
Ricordare oggi, a 31 anni da quel giorno, quanto è accaduto permette di ridare voce a Falcone e a coloro che hanno sfidato le mafie. Per questo oggi non è e non deve essere una semplice commemorazione. E’ l’occasione per trovare nuova linfa per opporci con forza e determinazione alla illegalità, ad ogni forma di illegalità e di violenza. Non dobbiamo rendere vano il sacrificio di chi, pur sapendo i rischi che correva, ha continuato nella sua missione a testa alta. Mi rivolgo soprattutto ai giovani che mai devono piegarsi alle ingiustizie, ai soprusi, mai devono scendere a patti a cominciare de se stessi e poi verso gli altri, mai devono girare la testa dall’altra parte. La giustizia si forma e si realizza con la cultura della legalità a partire da ciascuno di noi.
Tommaso Minervini
Sindaco